Uscito dal Madison ancora sgargiante dalla festa elettrica di Tom Petty e Compagni mi dirigo verso Times Square col solo obiettivo d’immergermi nel mare caldo dei DeadHeads. Sulla strada ricevo complimenti per la maglietta indossata con orgoglio, lo skull & lightin’ simbolo storico dei Dead – C’m on brother, Great shirt man – a cui rispondo con fervore ed altrettanti elogi. Come una foresta di luci e metallo New York incombe afosa mentre nelle sue vene scorre e suona la solita sinfonia di clacson e stravaganze. Per me, come neanche ci fossero. Giunto nella piazza, il vero Cuore della Bestia del nostro Occidente, mi fermo a guardarli; ragazzi e uomini d’ogni età, portano colori vistosi e quello stesso teschio, commentano il concerto appena concluso e coesistono senza un urlo, o un intralcio al traffico. Molti già mostrano cartelli con la richiesta di un biglietto per l’indomani.
Cerco qualcosa da bere e calo tra di loro. I need a miracle, penso, parafrasando un pezzo dei ragazzi. I need a miracle everyday…