Quando Angelo “Leadbelly” Rossi scende dal palco mi passa di fianco un ragazzo in jeans e camicia scura, i capelli alla mohicana fissati indietro dal gel. Non può essere lui. Invece è lui. Luther. Forse oggi – insieme a Warren Haynes e Dereck Trucks – il miglior chitarrista vivente.
Sale sul palco e incomincia a sistemare la sua strumentazione. L’accompagna solo un batterista. Si alzano i primi applausi dell’Unaetrentacinquecirca di Cantù, Luther risponde sorridente. Poco dopo inizia il concerto.
Sono seduto in prima fila, a forse un metro e mezzo dalla sua chitarra. È uno spettacolo di eleganza e maestria, Luther scivola nel blues dal primo accordo, e il fiume del piacere scorre limpido. Detiene un repertorio sconfinato di canzoni ed esperienza, sceglie qua e là gemme da far brillare tra North Mississippi Allstars, Dylan, i suoi dischi solisti – dei Black Crowes, invece, solo il ricordo.
Ciò che seduce di lui è proprio questo: la totale serenità, l’assenza di protagonismo, di furbizia o narcisismo. Luther è l’essenza del blues, la sua Verità più profonda. Il veleno della vita che raccontato libera dal suo peccato. Il blues ti abbraccia e ti ferisce, Luther ne riesce oggi a dare l’ultima interpretazione, forse la più leggera, fiera ed insieme potente.
La vivacità delle sue composizioni infatti risente dell’educazione paterna – il grande produttore Jim Dickinson, scomparso qualche tempo fa – e di tutta la tradizione americana, il suo sud di abbandono e rivolta.
E dopo ogni storia, Luther ringrazia e saluta, sempre sorridente. Racconta del lungo viaggio che l’ha portato qua, ringrazia per l’ospitalità e le bellezze dell’Italia. È sincero. Scherza con il batterista, si fa portare un bel bicchiere di whiskey e poi imbraccia la chitarra come un fioretto elettrico, ma senza nemici da colpire. Solo il vento d’attraversare, colorandone la brezza.
Un’ora e mezza di grande musica e di felicità per un artista vero che è rimasto umile, che ci insegna quanta ricchezza ancora possa donarci il passato se lo ravviviamo di passione, se lo facciamo rinascere futuro.
Alla fine, una jam potente ed equilibrata con Angelo “Leadbelly” chiamato sul palco.
A fine concerto Luther firma autografi e abbraccia i fan che chiedono una foto – me compreso. Sorride sempre. Lo ringrazio. Ci abbracciamo.
Che bello il blues. Che bella la musica.